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Epicondilite e manipolazione del polso

Phys Ther. 2003 Jul;83(7):608-16. Manipulation of the wrist for management of lateral epicondylitis: a randomized pilot study. Struijs PA1, Damen PJ, Bakker EW, Blankevoort L, Assendelft WJ, van Dijk CN.

L’epicondilite (gomito del tennista) è caratterizzato da dolore a lato del gomito, aggravato dai movimenti del polso, dalla palpazione al lato del gomito o dalla contrattura dei muscoli estensori del polso. L’incidenza dell’epicondilite è di circa 4/7 casi su 1000 ogni anno, con un picco di incidenza nella quinta decade. In assenza di intervento i dolori da epicondilite solitamente si risolvono entro gli 8-12 mesi. Sono descritti molti interventi, tra cui il consiglio di riposo, l’utilizzo di corticosteroidi, ortesi, chirurgia, ultrasuoni, laser, massaggio. La manipolazione viene spesso utilizzata per il dolore cervicale e della schiena con lo scopo di liberare le articolazioni e rilasciare la muscolatura. In letteratura viene anche descritta la manipolazione del polso, ma non è stato dimostrato che possa essere utile nel trattamento dell’epicondilite, scopo invece dello studio proposto. Per lo studio i paziente sono stati reclutati secondo le linee guida tedesche per la diagnosi di epicondilite, con insorgenza compresa tra le sei settimane e i sei mesi. I pazienti sono stati divisi in due gruppi, uno riceveva la manipolazione del polso, l’altro ultrasuoni, massaggio, stiramento e rinforzo muscolare. Il gruppo che riceveva la manipolazione del polso era sottoposto a 2 trattamenti a settimana fino a un massimo di 9 interventi in 6 settimane (il trattamento veniva interrotto non appena il dolore fosse cessato). La manovra era una tecnica ad alta velocità e bassa ampiezza ed era condotta da un terapista con esperienza. Il gruppo di controllo riceveva 9 sessioni di trattamento che comprendevano: 7 minuti e mezzo di ultrasuoni, 10 minuti di massaggio ed esercizi di allungamento e rinforzo muscolare da eseguire a domicilio due volte al giorno. Quando il paziente risultava asintomatico il trattamento veniva interrotto. I parametri valutati erano il generale miglioramento della sintomatologia lamentata, la presenza di dolore nella presa e la dolorabilità alla palpazione. Dopo la terza settimana di trattamento è emersa una differenza tra i due gruppi, con maggiore beneficio ottenuto nel gruppo trattato con manipolazione del polso. 8 su 13 soggetti appartenenti al gruppo di manipolazione hanno infatti dichiarato un netto miglioramento o una completa remissione della sintomatologia, rispetto ai 3 soggetti su 15 del gruppo di controllo. Al follow up a 6 settimane nel primo gruppo il dolore era diminuito in media di 5.2 punti rispetto al secondo gruppo in cui in media era diminuito di 3.2 punti. Sembrerebbe quindi che la manipolazione del polso abbia effetti maggiormente benifici sull’epicondilite rispetto a un trattamento che prevede ultrasuoni, massaggio ed esercizi muscolari nel breve termine.

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Raccontiamo la disgrafia

A cura di:
Dott.ssa Chiara Codispoti
(Esperta del gesto grafico)
Chiara Frittoli D.O. B.ScOst                                               (Osteopata)
PARTECIPAZIONE LIBERA E GRATUITA
Presso l’Istituto Comprensivo G. Paccini
22 Aprile 2015  alle ore 20.30
Via Baracca 25,  Sovico (MB)
disgrafia
La disgrafia  è un disturbo specifico dell’apprendimento che comporta difficoltà nel riprodurre lettere e numeri. Purtroppo è ad oggi poco conosciuta, segnalata e conseguentemente trattata.

Aprire una finestra su questa realtà significa scoprire tutti quegli ostacoli che il bambino affronta nell’imparare a  scrivere e nell’automatizzare il gesto che ne è alla base.

Molti sono infatti i casi di bambini la cui grafia difficoltosa determina un ostacolo nell’apprendimento: per questo è importante, sin dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia, porre l’attenzione sulla prevenzione del gesto pur limitato al disegno.

La serata si propone di “raccontare la disgrafia” partendo da una semplice definizione per arrivare alle cause e alle conseguenze fisiche di un bambino che scrive con difficoltà. Inoltre si cercherà di riflettere sulle attività che anche a casa possono essere eseguite con semplicità per sviluppare sin dalla prima infanzia una buona motricità fine.

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Fratture e Medicina Osteopatica Mongola

J Tradit Chin Med. 2013 Feb;33(1):130-3. Fracture healing with osteopathy in traditional Mongolian medicine. Zhao N1, Wang M, Li X.

Una buona guarigione delle fratture è data non soltanto da una perfetta guarigione delle strutture ossee, ma anche dal ripristino della funzione del movimento. La tecnologia è senza dubbi avanzata recentemente, tuttavia ci sono ancora molti difetti nel riposizionamento chirurgico, nelle fissazioni e nell’immobilizzazione. Alcuni famosi atleti cinesi hanno ricevuto terapie di altissima qualità, ma il mancato recupero funzionale ha messo fine alle loro carriere sportive. L’occidentalizzazione della medicina ha spinto molti individui con fratture a essere trattati con metodi chirurgici. L’osteopatia nella medicina tradizionale Mongola propone una nuovo metodo di trattamento delle fratture. Innanzitutto viene integrata la stabilizzazione spontanea da parte di muscoli, tendini, pelle e altri tessuti molli e viene utilizzata la stabilizzazione esterna solo come ausilio. Vengono poi utilizzati precocemente esercizi per permettere una guarigione funzionale. Secondo la filosofia osteopatica la frattura danneggia l’equilibrio del corpo umano, dato dall’equilibrio tra corpo e mente che si basa sull’integrazione degli arti e del corpo. Sulla base di questi concetti è stato formulato un modello di pratica osteopatica a lungo termine nella guarigione delle fratture, che tiene in considerazione muscoli, tendini, pelle, altri tessuti molli e fattori fisio-psicologici (nella medicina Mongola il danno fisico di una frattura ha una stretta corrispondenza sulla psiche del paziente). La manipolazione della zona e lo svolgimento precoce di esercizi ha lo scopo di migliorare la circolazione, impedire l’atrofia muscolare, ridurre le contratture muscolari e la rigidità articolare, ristabilire gradualmente la funzione.

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Osteopatia e fratture da stress

J Am Osteopath Assoc. 2013 Dec;113(12):882-90. Preventive osteopathic manipulative treatment and stress fracture incidence among collegiate cross-country athletes. Brumm LF1, Janiski C, Balawender JL, Feinstein A.

Le fratture da stress dell’arto inferiore sono comuni tra i giovani atleti in particolare tra i runner. L’incidenza è compresa tra il 3.9% e il 31.3% degli atleti, con maggiore frequenza tra le donne. Il processo eziologico della frattura da stress è molto dibattuto in letteratura. Si parla di rimodellamento osseo, di eccessive trazioni da parte dei tendini o di un’alterata perfusione durante l’attività fisica prolungata. I fattori di rischio per le fratture da stress sono: precedenti diagnosi di frattura da stress, sport che includono la corsa e il salto, incremento repentino del programma di allenamento, calzature inappropriate, forza muscolare inadeguata, poca flessibilità. Un’incidenza maggiore delle fratture da stress si è verificata negli atleti con alterazioni a livello della forma del piede (cavo, varo) o con un’aumentata abduzione dell’anca. Le donne in cui si manifesta più frequentemente una frattura da stress presentano spesso un’importante differenza di lunghezza degli arti inferiori, un menarca tardivo, carenza di massa grassa, aumentato calcio e ridotta lunghezza del polpaccio. Altri fattori sono una ridotta densità ossea, carenze nutrizionali, disordini alimentari, disturbi mestruali o amenorrea. In letteratura manca un accordo tra gli autori riguardo la prevenzione delle fratture da stress, lo scopo dello studio proposto è quello di valutare la relazione tra disfunzione somatica e frattura da stress e in particolare se il trattamento osteopatico eseguito preventivamente possa ridurre l’incidenza di tali fratture. Sono stati reclutati tra gli studenti di un college atleti uomini e donne di età superiore ai 18 anni. Gli operatori sono stati istruiti nell’individuare disfunzioni somatiche a livello di pelvi, sacro, anche e arti inferiori seguendo un protocollo che descriveva l’esame obiettivo, la diagnosi e il trattamento da seguire. Per ridurre il rischio del trattamento sono state eseguite tecniche a energia muscolare e articolatorie, con l’eccezione di tecniche ad alta velocità e bassa ampiezza per trattare il cuboide e lo scafoide. Per lo studio sono stati arruolati 124 atleti dagli anni accademici 2004/05 agli anni 2008/09, di cui 52 uomini e 72 donne. Durante questo periodo nessun partecipante si è ritirato dallo studio e non sono stati riportati effetti collaterali. Le atlete donne hanno riportato un’incidenza più alta di fratture da stress, non si sono verificate fratture multiple. L’incidenza di frattura da stress su tutti i partecipanti ha subito una riduzione negli uomini dal 13.9% prima dell’intervento osteopatico a meno dell’1% dopo l’intervento con una diminuzione del 93% di tale evento. Nelle donne la riduzione è stata inferiore, dal 12.9% al 12.0%, dimostrando che la presenza di disfunzioni somatiche può essere considerato solo uno dei fattori di rischio per le fratture da stress, mentre altri fattori giocano un ruolo più importante (alterazioni del ciclo, ridotta densità ossea, ridotto apporto calorico). In conclusione il trattamento osteopatico delle disfunzioni somatiche dell’arto inferiore può essere un importante fattore predittivo di fratture da stress sugli atleti uomini e la correzione di tali disfunzione è un elemento fondamentale di prevenzione di questi importanti eventi traumatici.

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distorsioni

Sindrome tardiva da colpo di frusta

J Altern Complement Med. 2013 Jun;19(6):543-9. Osteopathic treatment of patients with long-term sequelae of whiplash injury: effect on neck pain disability and quality of life. Schwerla F1, Kaiser AK, Gietz R, Kastner R.

Le conseguenze e le manifestazioni cliniche derivanti da un colpo di frusta sono definite sindrome tardiva da colpo di frusta. L’obiettivo dello studio proposto è stato quello di indagare se una serie di trattamenti osteopatici su pazienti con tale sindrome possa essere utile a migliorare i loro sintomi. Lo studio è stato organizzato in due fasi: nella prima i pazienti non hanno ricevuto alcun trattamento per 6 settimane, nella seconda fase hanno ricevuto cinque trattamenti osteopatici nelle aree disfunzionali individuate all’esame obiettivo. 42 pazienti di età media 39 anni con sindrome tardiva da colpo di frusta a causa di un incidente automobilistico sono stati inclusi nello studio. I trattamenti osteopatici sono stati eseguiti a cadenza settimanale, senza seguire un protocollo ma in base ai riscontri ottenuti nei test sul singolo paziente. I parametri valutati sono stati il dolore cervicale, il grado di disabilità e la qualità di vita. È stata diagnosticata la presenza di uno stress post-traumatico in diversi pazienti. Il confronto tra il periodo di non trattamento e quello di trattamento ha mostrato miglioramenti clinici statisticamente significativi per quanto riguarda il dolore cervicale e la disabilità, con un calo del punteggio da 41.5 a 26.0 che corrisponde a un miglioramento del 37%. Per quanto riguarda la qualità di vita sono emersi significativi e sostanziali cambiamenti sia sulla componente fisica che emotiva durante la fase di trattamento. Prima del trattamento 17 pazienti (43.6%) risultavano essere affetti da sindrome da stress post-traumatico, durante lo studio questo numero è diminuito de 15.4%. In conclusione 5 trattamenti osteopatici hanno avuto un effetto benefico sugli aspetti fisici e mentali della sindrome tardiva da colpo di frusta e possono essere considerati una modalità complementare di trattamento in questa condizione. Sulla base di questi risultati preliminari sono richiesti ulteriori rigorosi studi randomizzati.

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dorsalgia

Linee Guida per Whiplash

BMC Health Serv Res. 2013 Jun 13;13:213. Compliance with clinical guidelines for whiplash improved with a targeted implementation strategy: a prospective cohort study. Rebbeck T1, Macedo LG, Maher CG.

In Australia sono state sviluppate delle line guida per il trattamento del colpo di frusta con lo scopo di migliorare la pratica professionale e i risultati nei pazienti che hanno subito un colpo di frusta. Gli operatori che si occupano del trattamento del colpo di frusta, tra cui fisioterapisti, osteopati e chiropratici, sono stati i destinatari della diffusione di tali linee guida. È stato tuttavia dimostrato che la sola diffusione delle linee guida non è in grado di migliorare la conoscenza e la pratica professionale, ma è necessaria un’estensione attiva mirata e un’identificazione delle barriere che possano ostacolarne l’adempimento. La situazione in cui c’è stato il miglioramento delle strategie di maggior successo è stata individuata in una systematic review: attraverso un intervento di educazione la pratica professionale è migliorata del 6%. La maggior parte delle linee guida Australiane mira a un approccio attivo e comportamentale. L’obiettivo dello studio proposto è stato quello di valutare la strategia di miglioramento della conoscenza, della pratica e delle convinzioni dei professionisti che si occupano di colpo di frusta, inoltre di identificare i fattori predittivi di apprendimento delle linee guida. 94 professionisti hanno partecipato allo studio, 52 sono stati classificati come “aderenti” alle linee guida e 42 come “non aderenti”, sulla base delle loro risposte riguardo la pratica clinica proposta dagli autori. Tutti i partecipanti hanno partecipato a un workshop operativo di due giorni e sono stati valutati prima e a distanza di tre mesi. Il workshop aveva scopo educativo e si concentrava sulle conoscenze pre-esistenti e sulle differenze nella pratica rispetto alle linee guida. Le conoscenze sono state testate mediante un questionario e i risultati derivanti dalla pratica clinica. I partecipanti hanno aumentato in modo significativo le loro conoscenze e si sono mostrati maggiormente aderenti alle linee guida alla valutazione a tre mesi di distanza. Gli elementi predittivi di un miglioramento erano le conoscenze di base e professionali. Una diffusione mirata delle linee guida risulta quindi essere una strategia che migliora la conoscenza dei professionisti della salute, che aderiscono maggiormente alle linee guida. Le conoscenze di base e professionali sono elementi predittivi di un cambiamento del 35% riguardo un’aumentata conoscenza.

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Colpo di frusta: presentazione inusuale

J Am Osteopath Assoc. 2013 Jul;113(7):564-7. Osteopathic manipulative treatment for facial numbness and pain after whiplash injury. Genese JS1.

Il colpo di frusta è il risultato di un’improvvisa flessione ed estensione del collo derivante da un evento traumatico, per lo più un tamponamento. I sintomi che normalmente seguono un colpo di frusta sono cefalea occipitale, cervicalgia, spasmo della muscolatura e rigidità cervicale. In letteratura si parla di disfunzioni del nervo trigemino associate a colpo di frusta, con dolore al viso e alla mandibola, alterazioni di sensibilità, cefalea. Il caso proposto è quello di un colpo di frusta con un’inusuale manifestazione di parestesia facciale e dolore alla guancia destra. La sintomatologia della paziente in esame è comparsa poco dopo l’incidente ed è rimasto costante con un’intensità media nei giorni successivi. Nell’incidente la paziente era passeggera sul sedile anteriore dell’auto che è stata tamponata, aveva la cintura di sicurezza e non ha battuto la testa ma riferisce di ricordare il colpo a livello cervicale. Inizialmente non aveva ritenuto l’incidente meritevole di accertamenti medici. Il giorno dopo tuttavia, oltre alla parestesia facciale e al dolore alla guancia, la paziente riportava uno spurgo dall’orecchio destro, dolore alla spalla destra e alla parte destra della cervicale, nei punti di contatto con la cintura di sicurezza, infine vertigini. Tuttavia la paziente attribuiva tale sintomatologia ad attività svolte precedentemente all’incidente e ad allergie stagionali. All’esame medico la paziente presentava una sensibilità normale eccetto per la branca destra del trigemino, i seni non erano dolorosi alla palpazione, la membrana timpanica era opacizzata, l’esame del cuore e dei polmoni nella norma. L’esame osteopatico ha evidenziato uno spasmo della muscolatura paraspinale sinistra dalla decima vertebra toracica alla quarta lombare, un punto di dolorabilità a livello della muscolatura paravertebrale della terza vertebra lombare, spasmo della muscolatura cervicale dalla seconda alla quinta vertebra cervicale, estensione dell’articolazione occipito-atlantoidea. Non sono stati evidenziati altri punti di dolorabilità né rigidità. È stato effettuato un trattamento della muscolatura paravertebrale con l’aiuto della respirazione. È stata poi effettuata una tecnica di counterstrain sul lato sinistro della terza vertebra lombare. Dopo aver corretto le disfunzioni riscontrate in dorsale e lombare è stata rilasciata la muscolatura cervicale e corretta la disfunzione occipito-atlantoidea. In seguito al trattamento è sparita la parestesia, ma permaneva il dolore. E’ stato quindi valutato il cranio dove è stata riscontrata una disfunzione in rotazione interna del temporale destro, che è stata corretta. Quando vengono trattati pazienti in seguito a traumi acuti tecniche più invasive come le HVLA (tecniche ad alta velocità e bassa ampiezza) dovrebbero essere evitate. In secondo luogo prima di approcciare la regione cervicale, in seguito ai colpi di frusta, è importante correggere le disfunzioni a livello toracico e lombare. Il lavoro sulla regione occipito-atlantoidea è fondamentale per ridurre lo stress a livello trigeminale. Nel caso in cui ci siano patologie o situazioni note presenti già prima del trauma che possono inficiare le zone coinvolte nel colpo di frusta (in questo caso l’allergia) è bene valutarle e trattarle.

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Osteopatia e Morbo di Dupuytren

J Am Osteopath Assoc. 2011 Feb;111(2):113-6. Management of Dupuytren contracture with ultrasound-guided lidocaine injection and needle aponeurotomy coupled with osteopathic manipulative treatment. Sampson S1, Meng M, Schulte A, Trainor D, Montenegro R, Aufiero D.

Il morbo di Dupuytren si presenta con caratteristiche nodularità sulla superficie palmare della mano con associata fibrosi dei tessuti molli a livello delle dita. L’accorciamento della fascia palmare determina una persistente flessione delle articolazioni interfalangee prossimali e metacarpo-falangee. Mentre la manifestazione clinica della patologia è ben nota, il meccanismo fisiopatologico è ancora in fase di studio, sembrerebbe avere un ruolo importante la genetica, nonostante solo il 10% dei pazienti abbia una storia famigliare di Dupuytren. Il morbo di Dupuytren varia come diffusione dal 2 al 42%, è più diffuso nel Nord Europa e si manifesta negli uomini in età molto più giovane rispetto alle donne, con sintomi clinici più gravi. I pazienti che hanno una storia di diabete, alcolismo o cirrosi epatica hanno un fattore di rischio maggiore. L’intervento chirurgico per il morbo di Dupuytren è stato storicamente accompagnato da complicazioni quali ecchimosi e ischemia, danni neurologici e recidive. Tali complicazioni hanno fatto emergere la necessità di un trattamento alternativo non invasivo. Diverse terapie non invasive sono state testate con buoni risultati clinici; nonostante ciò, nella maggior parte dei casi, l’intervento chirurgico è stato comunque necessario. Recentemente l’iniezione di Clostridium si è mostrata come una valida alternativa di trattamento. Il caso clinico proposto è quello di un morbo di Dupuytren trattato in modo efficace con iniezione sotto guida ultrasonogafica e trattamento osteopatico. La guida ecografica ha permesso di visualizzare meglio le strutture e di posizionare quindi in modo più preciso l’ago, mentre il trattamento osteopatico ha permesso di migliorare la mobilità e la flessibilità delle strutture della mano. La paziente di 64 anni presentava un morbo di Dupuytren esteso a terzo, quarto e quinto dito, con impossibilità alla completa apertura della mano e dolore ai movimenti. Una volta diagnosticato il morbo mediante esame ecografico è stato intrapreso un ciclo di 10 iniezioni, seguite da tecniche osteopatiche di rilascio della fascia attraverso inibizione diretta e tecniche a energia muscolare. Dopo il terzo trattamento la paziente non aveva modificato il range di mobilità passiva della mano, ma si presentava asintomatica nei movimenti. Dopo la 18esima iniezione durante la seduta osteopatica è stato percepito un crepito che ha indicato la rottura delle strutture della fascia: in seguito la paziente ha recuperato completamente la mobilità della mano, senza riferire alcun dolore o discomfort durante tutta la terapia. A 8 settimane di distanza dal trattamento le nodularità e le cicatrici si erano notevolmente ridotte rispetto agli esami iniziali. In conclusione le iniezioni guidate con ecografia associate a un trattamento osteopatico specifico che mira ad allungare la fascia palmare, eliminare i trigger point presenti nei muscoli della mano e ammorbidire i tessuti possono essere considerate un buon approccio terapeutico al morbo di Dupuytren. Possono dunque rappresentare una valida alternativa all’intervento di aponeurotomia o fasciectomia a cielo aperto, interventi con un elevato tasso di complicazioni, recidive e che comportano notevole dolore al paziente.

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Osteopatia e chirurgia addominale

J Am Osteopath Assoc. 2013 Mar;113(3):204-9. Effect of osteopathic manipulative treatment on incidence of postoperative ileus and hospital length of stay in general surgical patients. Baltazar GA1, Betler MP, Akella K, Khatri R, Asaro R, Chendrasekhar A.

L’ileo post-operatorio è una delle più comuni cause di prolungata permanenza in ospedale in seguito a un’operazione addominale. Una funzione menomata dell’intestino infatti è prevedibile nel primo periodo post-operatorio, a seconda del tipo di intervento subito. Tuttavia disturbi che si prolungano oltre le 48 ore sono da considerarsi patologici. Si parla di ileo post-operatorio dal 1800, tuttavia il processo fisiopatologico è ancora da definire. È stato verificato una terapia efficace è quella di eliminare gli oppiacei (soppressori dell’attività intestinale) e correggere il bilancio degli elettroliti. Sono stati proposti poi molti altri tipi di approcci farmacologici. Il trattamento osteopatico attraverso la correzione di quelle componenti del sistema muscolo-scheletrico che agiscono sul sistema nervoso autonomo dovrebbe ridurre l’attività ortosimpatica favorendo quella parasimpatica. Questo tipo di approccio ridurrebbe l’utilizzo di interventi farmacologici, costosi e non privi di complicazioni. La ricerca proposta è uno studio retrospettivo che valuta la relazione tra trattamento osteopatico post-operatorio e sintomi gastrointestinali, quali flatulenza, dieta liquida, movimenti intestinali e permanenza in ospedale. Dei 69 pazienti arruolati l’88% ha completato la di pazienti è poi deceduto perciò è stato escluso dallo studio. Dei restanti 55 pazienti sono stati raccolti tutti i dati e analizzati. Il 31% di questi pazienti ha ricevuto dei trattamenti osteopatici in seguito all’intervento chirurgico oltre alle cure mediche standard. I restanti pazienti hanno invece ricevuto il trattamento medico tradizionale. L’età media dei pazienti era 60.3 anni nel gruppo trattato con trattamento osteopatico e 62.1 anni nel gruppo non trattato con l’osteopatia. Il numero di condizioni preoperatorie di comorbidità, di complicazioni post-operatorie, di anormalità a livello elettrolitico era simile nei due gruppi. Gli interventi chirurgici eseguiti comprendevano la resezione di grande e piccolo intestino e resezione o riparazione gastrica. Nei due gruppi era simile la percentuale dei pazienti che aveva effettuato ciascun tipo di intervento. I parametri riguardanti movimenti intestinali e dieta liquida non hanno subito modifiche nei due gruppi. Il parametro riguardante le flatulenze è stato 3.1 giorni nei pazienti trattati con trattamento osteopatico e 4.7 nei pazienti trattati con soltanto trattamento medico. La durata di permanenza in ospedale è variata da 6.1 giorni nei pazienti trattati con trattamento osteopatico a 11.5 giorni nei pazienti trattati solo con terapia medica standard. I pazienti sottoposti a trattamento osteopatico hanno ricevuto una sola seduta della durata di 15-35 minuti entro le 48 ore successive all’intervento chirurgico. Spesso le aree di intervento erano le articolazioni costovertebrali e il tratto cervicale. Lo studio proposto non è privo di limiti, in primis il fatto di essere retrospettivo. Bisognerebbe infatti aggiungere un gruppo trattato con finto trattamento osteopatico per eliminare l’effetto placebo. In ogni caso i risultati molto positivi permettono di affermare che il trattamento osteopatico permette di ridurre il tempo di permanenza in ospedale in seguito a intervento chirurgico a livello dell’addome con fortissimo impatto sui costi dell’ospedale.

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reflusso

Osteopatia e Crociato Anteriore

J Am Osteopath Assoc. 2006 Jun;106(6):346-9. Osteopathic manipulative treatment of a 27-year-old man after anterior cruciate ligament reconstruction. Gugel MR1, Johnston WL.

Il legamento crociato anteriore è l’elemento di maggior stabilità del ginocchio. Una sua lesione o lassità determina un’instabilità del ginocchio che, se cronicizzata, può sfociare in una degenerazione della cartilagine e un’artrite traumatica, oltre che in alterazioni della deambulazione. La ricostruzione chirurgica del crociato è una procedura frequentemente eseguita, da un punto di vista osteopatico viene posta attenzione su due dei quattro principi della medicina osteopatica: il corpo è un’unità, struttura e funzione sono correlate. Fintanto che persiste instabilità il sistema posturale è sottoposto a stress e ad alterazioni di allineamento. L’osteopatia può ottimizzare il recupero lavorando preventivamente sulla muscolatura prima dell’intervento e correggendo le disfunzioni somatiche che possono insorgere durante la riabilitazione. Il caso clinico proposto è quello di un giovane di 27 anni con instabilità del ginocchio da 10 anni circa che provocava frequenti distorsioni seguite da gonfiore. Per i primi 9 anni l’approccio terapeutico è stato conservativo, attraverso mirati esercizi di rinforzo della muscolatura. Il decimo anno però gli episodi di instabilità sono stati sempre più frequenti, si è quindi optato per l’intervento chirurgico. Prima dell’intervento sono state tre sedute osteopatiche in cui è stata valutata la presenza di disfunzioni somatiche a livello cervicale, toracico e soprattutto lombare e sacrale. Tali disfunzioni sono state corrette. L’intervento chirurgico si è svolto senza complicazioni. Dal giorno dopo l’intervento è stata eseguita mobilizzazione passiva del ginocchio, dopodichè per 8 settimane è stato seguito un programma di terapia fisica domiciliare. Nonostante gli analgesici nel periodo post-operatorio il paziente lamentava diversi dolori. Durante il periodo post-operatorio il paziente è stato visitato anche dall’osteopata inizialmente a cadenza settimanale, poi mensile. Sono state valutate e corrette le disfunzioni somatiche riscontrate anche precedentemente all’intervento chirurgico, oltre che quelle insorte successivamente. In ciascuna delle aree coinvolte e trattate è stato registrato un netto miglioramento della sintomatologia dolorosa. Dopo 6 mesi dall’intervento chirurgico il paziente è tornato alla piena attività fisica e dopo 9 mesi il paziente è risultato asintomatico e non ha più avuto necessità di ulteriori trattamenti. In conclusione il trattamento osteopatico si può integrare alla riabilitazione post-operatoria standard sulla base di alcuni principi alla base della medicina osteopatica. Il primo principio è che il corpo è una struttura unica, funzione e struttura sono tra loro correlate. Come scrive l’osteopata Northup non si può trattare un ginocchio senza considerare la totalità e la relazione che intercorre tra le varie parti del corpo e i sistemi. Inoltre scrive anche che il ginocchio non soffre mai da solo, tendenzialmente altre articolazioni come caviglia, anca, area pelvica e lombare saranno coinvolte. Traumi e interventi chirurgici a livello del ginocchio inevitabilmente avranno sequele sulla deambulazione. La gestione delle varie disfunzioni instauratesi può ottimizzare il processo di riabilitazione.

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